MV è uno dei massimi fotografi viventi anche se, in realtà, io preferisco chiarire subito che il termine fotografo può indurre in errore: per me, che ne conosco pensiero e visione e ne stimo l’umanità e l’eccellenza culturale, è un artista completo e dall’identità tipicamente italiana, cioè dallo sguardo laterale e ironico sulla quotidianità così profondo e alto che, in effetti, ogni foto è un dipinto, un’istantanea metaforica sui nostri vizi e sulle nostre virtù e, non in ultimo, una narrazione globale dei comportamenti e dell’inconscio del nostro tempo.
Al contrario di SC, MV fotografa i luoghi del divertimento e dell’aggregazione quando sono strapieni di gente, al massimo del loro “utilizzo”. Lo fa da uno sgabello alto qualche metro e quando la gente non lo guarda più lui scatta; quando cioè le costellazioni umane, i paesaggi antropologici sono diventati pittorici.
Per questo la sua identità artistica è italiana, lo vedi subito dall’impostazione dell’immagine. La sua foto è un dipinto. Il punto di vista di MV è sempre alto, e non solo per lo sgabello, come a volere allontanarsi, ma non troppo, dalla realtà che sta osservando, per potere vedere meglio, leggere nitidamente i dettagli e le vite apparentemente anonime delle persone che affollano l’obiettivo, una sorta di indagine sociologica e antropologica della massa intesa come gruppo eterogeneo di individui che si muovono nella stessa direzione ma che non si parlano.
In effetti anche in questo caso la solitudine della moltitudine che le foto esprimono, a dispetto delle migliaia di persone, somiglia a quella di SC che la esprime però con i vuoti assoluti dei luoghi: d’altronde è un suo noto erede filosofico, solo che usa un linguaggio opposto per esprimere una identica poetica, una filosofia assolutamente parallela. È straordinario; solo in Italia potevano esserci due artisti che dicono la stessa cosa con modalità diametralmente opposte.
Anche quelle di MV però, in qualche modo, sono immagini silenziose che contrastano con il clamore dei soggetti, quasi a indicare uno spazio mentale che riflette il bisogno di silenzio all’interno del rumore quotidiano, colpiti come siamo dallo scoprire che, in quelle spiagge affollate, siamo a 2 metri dai nostri vicini ma non gli rivolgiamo la parola.
Il distanziamento sociale previsto 20 anni prima. Poi dice il genio italiano.
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