Storia di arte, impresa ed economia
C’è sempre un po’ di Italia tra i semi istitutivi della ricerca, delle ibridazioni che scoprono nuovi mondi e nuovi modi di stare al mondo.
Dal modello delle botteghe rinascimentali a quello della città dell’Uomo di Olivetti, per non parlare dei Sassi di Matera (alveare culturale trasversale ante litteram dove il suo celeberrimo pane ha la forma del territorio rupestre dove cresce il grano), impresa, artigianato, arte e urbanistica coniugano le loro radici comuni per creare nuove matrici del vivere, convivere e innovare.
Come accadeva nelle nostre città d’arte, veri incubatori ante litteram di arte impresa. Senza la e.
I distretti culturali di tutto il mondo seguono esattamente questi modelli: dallo Spinnerei di Lipsia a Wynwood di Miami, da La Friche di Marsiglia all’Ars Electronica Center di Linz si può vedere come aver deformattato le categorie obsolete del ’900 e aver rimesso insieme impresa e cultura, mestieri e filosofia, artisti e produzione ha fatto crescere ogni giorno distretti e centri culturali ibridi dove imprese e città uniscono arte e lavoro, in tutti sensi e in ogni verso possibile, producendo crescita del PIL a due cifre, aggregazione, incontro tra diversità e scambio internazionale.
In Italia le istituzioni hanno capito che chi può davvero creare questo enorme valore sono pochissimi professionisti titolati?
Eppure hanno avuto esempi straordinari anche recenti, come la rigenerazione di Mirafiori a Torino o, molto prima, il quartiere Bellavista di Ivrea voluto da Adriano Olivetti.
L’impresa bella di Olivetti: cosa vuol dire e a cosa rimanda
Artisti, filosofi, poeti, designer, architetti, letterati e intellettuali furono chiamati da Olivetti per indagare i desideri dell’Uomo, esplorare l’ignoto, rompere gli schemi, innovare processi, prodotti e metodi, proteggere la vera vocazione italiana: l’innovazione continua dell’arte attraverso la formalizzazione dell’intangibile, l’evoluzione dell’immaginario intelligente, il potere della fantasia colta.
Adriano Olivetti perseguiva responsabilità sociale ma soprattutto culturale, produceva benessere ma anche conoscenza, valorizzava l’uomo attraverso l’arte e il lavoro intesi come una sola cosa: la matrice unica della ricerca, del senso della vita, dell’emancipazione individuale e collettiva.
Artisti, operai e scienziati diventano fattori organici dello sviluppo reale: arte e scienza, entrambe discipline legate alla conoscenza, all’estetica che non è cosmetica ma percezione informante, all’immaginazione e alla ricerca, innervano i processi produttivi, le relazioni, lo sviluppo urbano e territoriale. Per questo Olivetti, ma non solo lui, aveva inserito gli artisti sugli impianti per valorizzarne le pratiche immaginifiche: aveva compreso che l’arte è il ceppo originario di ogni esperienza. La mente ragiona per immagini, da qui si comprende quanto l’arte sia fondamentale.
La logica ti porta da A a B, l’immaginazione ti porta ovunque (A.Einstein)
Art Thinking ante litteram
Dagli anni ‘30, anche nel caso di IRI l’arte entra nei processi aziendali. Eugenio Carmi, compianto artista e designer genovese, con altri colleghi che lo seguiranno fino alla chiusura del 1965, sin da giovanissimo trascorre le sue giornate sugli impianti, con gli operai, considerandoli la fonte primaria della creatività necessaria a ricerca e sviluppo. Insieme a ingegneri e progettisti dell’IRI intanto gli artisti innovano i processi produttivi, costruiscono navi di nuova generazione e inventano prodotti di successo. IRI diventa un modello internazionale, oltre che una delle aziende più ricche e importanti del mondo. Carmi comincia a intervenire con la sua pittura sui cartelli antinfortunistici, riduce gli incindenti sul lavoro e la direzione dell’impresa gli affida prima alcuni impianti, poi l’intero stabilimento di Voltri, dove faranno il miglior acciaio del mondo fino al 1965, anno in cui questa esperienza viene inspiegabilmente chiusa dalla nuova gestione.
In quegli anni nasce la celeberrima rivista Civiltà delle Macchine impreziosita dalle opere degli artisti, poi ancora Rivista Cornigliano e Italsider, insieme ad altri progetti editoriali di altissima qualità dove arte e impresa si fondono. Anzi, tornano a fondersi riscoprendo la radice unica che le accomuna.
Fioriscono mostre in tutto il mondo, da Spoleto (Sculture nella città, 1962) a New York (David Smith, Voltri, 1963) sull’esperienza e il modello IRI Arte & Industria. Il Sindaco di New York dedica una mostra di pittura a un’impresa che produce acciaio e la chiama con il nome dello stabilimento di Genova; ci dice qualcosa?
Ars Electronica Center: la ricerca della feliCittà
Ars Electronica Center di Linz (Austria) è attivo dal 1979 e produce ricerca ad ogni livello e per ogni setttore della vita pubblica e privata, avendo riunito sotto lo stesso tetto competenze di ogni genere, dagli artisti visivi agli scienziati, dai manager ai politici, dai sociologi agli studenti, dagli artigiani ai commercianti.
In questo modo le vecchie categorie del ’900 si armonizzano, abbattono steccati asfittici, lavorano e dialogano quotidianamente tra loro per la soluzione di tutti i problemi del Paese e delle città; la Giunta municipale partecipa OGNI GIORNO ai lavori dei team e gli artisti mettono in mostra, come solo loro sanno fare, i risultati di queste ricerche, rendendo fruibili e comprensibili a chiunque persino le materie più complesse. Un vero e straordnario esempio di Art Thinking. Dal 1979.
Il disegno del territorio come arte da vivere
L’Autogrill di Villoresi Ovest sull’autostrada Milano Laghi, progettato e realizzato nel 1958 dall’architetto Angelo Bianchetti su committenza di Mario Pavesi, sono un altro emblema della genialità imbattibile degli imprenditori, degli architetti e dei designer italiani. Si vede bene che l’ispirazione è pittorica; una matrice immaginifica eccezionale e sfuggente a ogni logica di normalità commerciale come verrebbe intesa dalle logiche prevalenti e scontate di oggi.
Dal cotone alla cultura: il modello tedesco dello Spinnerei di Lipsia
Il mio luogo di elezione, lo Spinnerei di Lipsia. Dal cotone alla cultura, dal degrado all’arte di vivere.
Questo è uno dei più ambiziosi progetti di rigenerazione e trasformazione urbana d’Europa dopo la Ruhr: l’ex cotonificio di Lipsia, il più grande in Europa fino al 1989, è un eccellente esempio di come un’area industriale dismessa possa trasformarsi e interagire con la città, le industrie e l’intero tessuto economico dell’area, influenzando positivamente i modelli di crescita territoriale di una città (più di 500. 000 abitanti, il doppio considerando il distretto) e raddoppiandone il PIL in 10 anni.
20 edifici su un sito di circa 10 ettari: 99.000 mq di spazio utilizzabile. Nel 2001 la proprietà viene acquistata da Florian Busse (Heintz&Co.), Tillmann Sauer-Morhard e Bertram Schultze (nel 2002 si è aggiunto Karsten Schmitz). In questi primi anni nasce la nuova identità culturale dello Spinnerei, che si afferma a livello nazionale e internazionale, associandosi sempre più all’arte di qualità: le gallerie e gli investitori cominciano ad interessarsi agli spazi liberi del complesso.
Oggi è un luogo di eccellenza accreditato a livello internazionale, produce investimenti e nuovi posti di lavoro ogni anno ed è contemporaneamente un incubatore e uno spazio di vita, di lavoro e di cultura aperto al pubblico e alle iniziative private. Frutto di una sana collaborazione tra pubblico (Città di Lipsia, Stato libero di Sassonia, Repubblica Federale), privato (imprenditori) e artisti, ha portato a Lipsia migliaia di collezionisti, investitori e turismo culturale, incrementando l’indotto e generando tassi di sviluppo tra i più alti e rapidi al mondo. Porsche, Amazon, Mercedes e altre 14 aziende internazionali lavorano con gli ARTISTI ASSUNTI IN ORGANICO, coinvolti pienamente da monte a valle di ogni singolo processo gestionale e produttivo.
Oggi Lipsia è un modello mondiale di sviluppo territoriale dovuto all’arte e alla cultura partito proprio dallo Spinnerei; decine di ristoranti e hotel di design, due nuovi musei di arte contemporanea, la città in continua evoluzione e fermento, turismo colto destagionalizzato, senso di appartenenza completamente rigenerato.
Una vera capitale europea della cultura
La Friche de la Belle de Mai a Marsiglia. Distretto culturale e incubatore di arte e imprese.
Fino a poco tempo fa era un impianto produttivo della Seita, oggi è luogo di creazione, confronto tra cultura e imprenditoria e, soprattutto, di innovazione sociale e industriale. La Friche de la Belle de Mai, 100.000 mq di superficie, è, allo stesso tempo, un luogo di produzione (vi lavorano quotidianamente circa 400 artisti e creativi) e uno spazio aperto al pubblico.
Con quasi 300.000 visitatori l’anno, questo spazio multifunzionale propone mostre, festival, spazi profit e no profit, gallerie e studi d’artista aperti ogni gorno.
La Friche, che ha preso il nome da quello del suo quartiere, Belle de Mai, promuove tutte le sue attività con la volontà e lo scopo primario di relazionarsi con il suo territorio di riferimento più prossimo: azioni culturali con scuole e centri sociali, mantenimento di aree di gioco e di sport, riaperture di spazi cinematografici cari al quartiere, e molto altro. In circa trent’anni, la Friche ha guadagnato l’immagine, agli occhi dei cittadini di Marsiglia e della Francia, di un nuovo territorio di sperimentazione che permette di creare sinergie tra arte, cultura, architettura, urbanistica, sport, gastronomia. Elementi che producono conoscenza per gli abitanti e attrazione intelligente per i viaggiatori.
Le imprese sono partner essenziali in un quadro di continuo sviluppo di progetti molto ambiziosi. Grazie a un’identità forte, ai progetti portati avanti sinora e alla loro importante componente innovativa, Friche ha un ruolo di motrice sulle questioni urbane e socio culturali della città di Marsiglia, e gode di una grande copertura mediatica.
La cultura in Italia: intelligenza connettiva e ricchezza collettiva
227 miliardi di euro il giro di affari annuale della cultura in Italia, pari al 15,6% del PIL nazionale.
443 mila imprese coinvolte (7,3% del totale Italia).
84,6 miliardi di euro pari al 5,8% della ricchezza prodotta in Italia.
A fronte di una fiscalità adeguata questo enorme flusso finanziario produrrebbe straordinari benefici per il Paese.
1,5 milioni di persone lavorano nel sistema produttivo culturale, pari al 6,3% del totale degli occupati in Italia.
Nomisma dice che, se avessimo l’IVA e le defiscalizzazioni delle liberalità pari a quelle di Germania e Francia, produrremmo 251mila nuovi posti di lavoro. Per ogni euro speso in cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori: l’effetto moltiplicatore della cultura genera indotto per 143 miliardi.
Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco (Bruno Munari, immagini sopra e sotto)
Autogrill nelle aree di servizio di Villoresi Ovest, sull’autostrada Milano Laghi all’altezza di Lainate (1958)
Essen, Bacino della Ruhr, ex acciaierie