In pratica il nostro è un progetto di arte pubblica partecipata e permanente che ha visto la realizzazione di 6 opere in altrettanti hotel caratterizzati dalla struttura fisica del Vicinato, il tipico cortile su cui si affacciano le case, in cui la vita è andata avanti in vera e propria comunione per seimila anni.
Cinque di questi hotel sono nei Sassi, uno è in periferia a fare da golden gate, e insieme creano una mappa artistica, emotiva e culturale che ricuce e riproduce fedelmente la città reale, non quella da cartolina delle narrazioni finte e suggestive ma quella delle persone.
Il progetto ha dimostrato che l’architettura antropologica è un ragionamento pittorico.
Immaginata e incentrata sui valori di accoglienza, convivenza e incontro, identità materane e lucane per antonomasia che ho deciso di tradurre con la scelta degli hotel come luoghi di ospitatlità di opere e persone, l’idea è nata nel Maggio 2013 da una chiacchierata tra me e Fernando Ponte, titolare dell’Hotel Corte San Pietro, il primo dove abbiamo installato un’opera a Gennaio 2019 e, dopo 5 anni di affinamenti, confronto e analisi insieme a decine di persone, l’abbiamo realizzata nel 2019 per Matera Capitale europea della Cultura.
Ideato e curato dal sottoscritto con la partecipazione attiva di 9 albergatori materani (che poi sono diventati sei per mancanza di fondi), degli artisti e di centinaia di cittadini che nei Sassi avevano vissuto (e che ci hanno raccontato storie straordnarie perché noi comprendessimo bene cosa realizzare e perché), Matera Alberga e le sue sei opere sono oggi un patrimonio permanente aggiunto alla storia millenaria della città e dei cittadini. E lì resteranno per sempre.
Le sei installazioni erano nel programma ufficiale della capitale europea 2019. L’abbiamo suggerita a istituzioni e imprenditori come un’operAzione concettuale e installativa permanente legata all’arte che genera architettura, heritage management, rigenerazione urbana, aggregazione, attrazione di turismo evoluto e punto focale di riflessione e best practice universale sulla trasformazione e la progettazione urbana.
La nostra vera volontà è di dimostrare che si può costruire e convivere a regola d’arte.
I Sassi sono una gigantesca opera d’arte a forma di utero e alveare in cui si vive in armonia da 6mila anni.
È come vivere in un’opera. Letteralmente. Roma, Venezia, Firenze e tutte le altre si chiamano città d’arte per questo motivo, non perché ci siano statue e fontane; le hanno progettate e immaginate gli artisti, per quello attraggono, seducono e funzionano da millenni.
Ho pensato: ma se la mia città (da cui mi sono trasferito nel 1986, dopo esserci nato nel 1965...) sta diventando così famosa per i suoi splendidi hotel, se il New York Times parla di "hotel più belli del mondo", vuol dire che il genius loci, cioè l’accoglienza, l’ospitalità, la convivenza, l’incontro, possono trasformarsi in economia della cultura. Ed è per questo che il progetto ha avuto l’enorme successo che tutti gli riconoscono; c’era un legame profondo e autentico tra l’idea, la radice identitaria e le attività imprenditoriali.
Non è marketing territoriale, non è brand, non è pubblicità: per noi questi slogan sono vuoti e hanno vita breve. Il nostro progetto aveva radici forti e genuine, quelle che garantiscono futuro perché si nutrono di verità autentiche e immortali.
Abbiamo coinvolto molti cittadini che nei Sassi c’erano nati e ci avevano vissuto e, dopo dialoghi e confronti fatti anche con performance attive per indagare i desideri inconsci della popolazione, i sei artisti hanno realizzato altrettante opere site specific permanenti in sei hotel: Corte San Pietro con l’artista Alfredo Pirri, Dimore dell’Idris con l’artista Dario Carmentano, Locanda San Martino con l’artista Filippo Riniolo, Hotel del Campo con l’artista Giuseppe Stampone, Hotel Sextantio con l’artista Georgina Starr e Hotel Casa Diva con l’artista Salvatore Arancio.
Le opere permanenti hanno riportato in emersione l’idea dei vicinati nei Sassi o in luoghi dove l’hotel è simbolo di architettura antropologica; gli abitanti che nel 1952 erano stati cacciati dalle loro abitazioni scavata nella roccia hanno finalmente visto e compreso il senso del loro sacrificio. Ogni artista ha deciso come tradurre i concetti da portare in emersione scegliendo linguaggi e modalità installative, ovviamente.
Le opere hanno arricchito e aggiornato il patrimonio artistico della città e degli abitanti e sono state concepite anche per favorire incontro e dialogo tra materani e viaggiatori: un evenienza altrimenti affidata al caso.
Siamo rimasti in attesa di nuovi sponsor per realizzare altre tre opere all’Antico Convicino, a Palazzo del Duca e al residence Tra i Sassi, ma le istituzioni - nessuna esclusa - sono totalmente sorde a ogni richiamo intellettualmente evoluto.